I risvolti della liberazione di Mikhail Khodorkovski vanno ben oltre il tentativo di Mosca di rifarsi una reputazione prima delle olimpiadi invernali. In gioco c‘è il futuro dell’economia russa.<br /><br />In dieci anni il caso dell’uomo più ricco del Paese imprigionato da una giustizia selettiva è diventato l’emblema di un problema molto grave: le crepe nello Stato di diritto.<br /><br />La fuga di capitali è culminata proprio quest’anno, con la Russia che, dal 2008, ha visto quasi 400 miliardi di dollari prendere il volo.<br /><br />Regole poco chiare nell’applicazione dei contratti, una presenza statale pervasiva e un uso strumentale del potere giudiziario, ecco le paure degli investitori.<br /><br />Yukos, che sotto Khodorkovski era diventata la principale azienda petrolifera del Paese, dopo il suo arresto venne smantellata.<br /><br />Gran parte delle attività furono acquisite all’asta a prezzi al di sotto di quelli di mercato da Rosneft, il gigante statale guidato da Igor Sechin.<br /><br />Quello stesso Igor Sechin (amico di Putin e, secondo Khodorkovski, orchestratore della congiura) che oggi dichiara di non vedere rischi di azioni legali da parte del neoliberato imprenditore.<br /><br />Ma il petrolio, con il rallentamento globale, non basta più e Putin vuole a tutti i costi attrarre investimenti stranieri: all’inizio del terzo mandato, ha promesso che avrebbe portato la Russia (oggi 92esima) nei primi 20 Paesi al mondo dove conviene fare business.<br /><br />La tiepida risposta dei mercati è arrivata in Borsa: +0,7% dopo la grazia. È un inizio, dicono gli analisti, ma qui servono riforme fondamentali.
