Si apre oggi ad Addis Abeba, in Etiopia, il tavolo negoziale per tentare di stabilire un cessate il fuoco nel Sud Sudan.<br /><br />L’incontro tra la delegazione del Presidente sudanese Salva Kiir e quella dell’ex-Vicepresidente Riek Machar, alla guida del fronte ribelle, si svolge tuttavia in condizioni critiche, con i combattimenti che non accennano a cessare sul terreno, in particolare negli Stati di Jongley e Unity nei quali il Presidente ha dichiarato lo stato d’emergenza.<br /><br />Intanto un nuovo contingente delle Nazioni Unite è arrivato a Juba dove si trova uno dei campi che a malapena riescono a far fronte alla marea di rifugiati che fuggono dalle violenze scoppiate a metà dicembre. Sarebbero oltre 200.000 gli sfollati e più di 1.000 le vittime degli scontri. Scontri che, nati a un livello politico di lotta di potere, stanno esacerbando la contrapposizione tra le etnie Dinka e Nuer cui appartengono rispettivamente Kiir e Machar. <br /><br />Una volontaria delle Nazioni Unite racconta quanto sia stato difficile spostarsi da un campo profughi alla base Onu a causa dei combattimenti: “Abbiamo tentato di lasciare il campo una volta ma sparavano per spaverntarci oppure sparavano ad altri soldati, c’erano proiettili che volavano ovunque e siamo tornati correndo al compound. Abbiamo dovuto fare vari tentativi prima di raggiungere la base Onu” racconta Kim Campbell.<br /><br />Fulcro dei combattimenti restano sia la capitale Juba che Bor, città strategica sulle rive del Nilo Bianco che costituisce il confine tra lo Stato di Jongley e quello dei Laghi. Il governo ha affermato di aver ripreso la città già controllata dai ribelli, passata di mano ormai 3 volte dall’inizio del conflitto.