Una frenata dei Paesi emergenti e, a causa della situazione in Ucraina, la comparsa di tensioni geopolitiche. Ma anche una ripresa più consolidata nelle economie avanzate.<br /><br />A dipingere il quadro è il Fondo monetario che, nel vertice di primavera, ha reso note le sue nuove proiezioni economiche. <br /><br />Quest’anno il Pil globale dovrebbe crescere del 3,6%, per poi accelerare del 3,9% nel 2015. <br /><br />“La ripresa, che ha cominciato a prendere piede ad ottobre, sta diventando non solo più forte ma anche più diffusa”, spiega il capo economista Blanchard. <br /><br />“I vari nodi che limitavano la crescita stanno lentamente trovando soluzione. In una parola, la ripresa si sta rafforzando”.<br /><br />Gli Stati Uniti, grazie all’alleggerimento dei tagli al bilancio, al mercato immobiliare e alla politica monetaria accomodante, sono in accelerazione. <br /><br />Seguiti dall’Eurozona, ‘finalmente emersa dalla recessione’ per il Fondo, che ha rivisto al rialzo le previsioni di gennaio. <br /><br />L’attività economica del blocco dovrebbe riprendere piede grazie ad un allentamento delle politiche di austerità. <br /><br />Il miglioramento sarà percepibile anche sul disastrato mercato del lavoro, con un abbassamento della disoccupazione all’11,9% nel 2014 e all’11,6% nel 2015. <br /><br />Rimane, tuttavia, l’annoso tema del pericolo deflazione, già alla base di una polemica a distanza con la Banca centrale europea, a cui l’organizzazione di Washington ribadisce la richiesta per nuove misure. <br /><br />Interventi decisi sono sollecitati anche da parte dei governi per quanto riguarda l’accesso al credito: in un’Italia che nel 2014 dovrebbe crescere solo dello 0,6%, dice l’FMI, riaprire i rubinetti significherebbe un aumento del Pil oltre il 2%.<br /><br />“L’FMI mette in luce anche una dinamica potenzialmente pericolosa, e cioè l’aumento delle ineguaglianze”, aggiunge il nostro corrispondente da Washington. <br /><br />“Fino a poco tempo fa non si credeva che tale elemento avrebbe avuto grande impatto sullo sviluppo economico, ma quest’opinione viene ora messa in dubbio, il che significa che in Europa e negli Stati Uniti il dibattito sul salario minimo e sulla giustizia economica diventerà più serrato”.
