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La Germania al bivio dei rifugiati. Quando l'emergenza divide

2014-12-19 25 Dailymotion

E’ un giorno e una festa speciale alla scuola “Elbinsel” di Amburgo. Il Natale alle porte offre l’occasione per mescolare simboli e tradizioni e regalare così un primo benvenuto a tanti bambini, da poco arrivati in Germania con le loro famiglie, per fuggire da violenze e instabilità di paesi come Siria, Somalia, Eritrea. <br /><br /> Nessuno parla ancora il tedesco e per aprire un canale di comunicazione si è scelto allora un altro linguaggio: la musica. <br /><br /> A spiegarcelo è Sigrid Skwirblies, che appartiene al corpo docente. “La musica è un linguaggio universale – ci dice -. Qui nella nostra scuola è una materia su cui puntiamo molto, perché la musica avvicina le persone, le culture, le religioni. Tra qualche giorno inizieremo dei corsi preparatori per questi piccoli rifugiati. E allo stesso tempo li coinvolgeremo in un importante progetto musicale. Il principale messaggio che vogliamo loro inviare è: ‘Siete i benvenuti’”. <br /><br /> E’ in treno che proseguiamo il nostro viaggio. Fuori dal finestrino i paesaggi scorrono e con loro cambiano radicalmente anche atmosfere e accoglienza per i rifugiati.<br /><br /> Arriviamo a Dresda, dove i canti non sono di Natale, ma contro il “fanatismo religioso” e i crescenti arrivi di rifugiati. Nato a ottobre, il movimento si è dato il nome di “Pegida”, acronimo di “Patrioti Europei contro l’Islamizzazione dell’Occidente”, e scende in piazza ormai ogni lunedì. <br /><br /> Heiko Abbe lavora per il Servizio dei Gesuiti per i rifugiati. Di ritorno da una riunione ministeriale, non esita a bollare le manifestazioni di Dresda come “una vergogna”. Ad alimentarle è la paura, dice, ma per disinnescarla basta relativizzare. <br /><br /> “La Germania non rischia il collasso – dice ai nostri microfoni -. La situazione è anzi opposta: siamo una nazione economicamente solida e possiamo accogliere senza problema i rifugiati. Negli ultimi tre anni, i paesi limitrofi alla Siria ne hanno accolti tre milioni. Guardate invece alla Germania: quest’anno ne accogliamo appena 200.000 e cosa succede? La gente scende in piazza perché sostiene che siano troppi. E’ una vergogna”. <br /><br /> Heiko Abbe invita all’accoglienza. Una parola che le amministrazioni tedesche faticano però a declinare.Container, ruspe in azione per l’allestimento di nuovi spazi e tendopoli sono la risposta con cui Amburgo prova a tenere il passo con i nuovi arrivi: circa 1.000 rifugiati al mese, da questo autunno, che già fanno parlare di “emergenza rifugiati”. <br /><br /> Un’emergenza a cui Hermann Hardt prova a rispondere con una serie di iniziative. Con il gruppo di sostegno ai rifugiati per cui lavora ha organizzato per gennaio una manifestazione a cui affida un messaggio: Amburgo deve investire in nuovi alloggi. Ma nell’attesa, sono già tante le cose che si possono fare. <br /><br /> “Non si possono sistemare queste persone nei container, come se fossero merci – ci dice -. E non si possono neanche mettere nelle tende. Qui ad Amburgo disponiamo di 2.300 alloggi liberi e ci sono migliaia di metri quadrati di uffici inutilizzati, che potrebbero essere adibiti a spazi abitativi. E’ possibile trovare una sistemazione adeguata per i rifugiati. Non c‘è dubbio. Dal 2011, c‘è inoltre una legge locale che permette all’amministrazione di Amburgo di confiscare i locali sfitti per far fronte a situazioni d’emergenza”. <br /><br /> Nel quartiere popolare di Kirchdorf-Süd una prima risposta arriva dal basso. Lanciato dagli stessi residenti, un appello su Facebook a donazioni e volontari ha portato alla creazione di una rete di solidarietà, che offre una risposta ai bisogni più urgenti dei nuovi arrivati. La partecipazione è sorprendente, ma le risorse sono limitate. <br /><br /> Daniel Peter è tra i volontari che partecipano all’iniziativa, che si è data il nome di ‘Die Insel hilft’. <br />“Abbiamo anzitutto bisogno di vestiti e scarpe per l’inverno – dice -. Alcuni arrivano in sandali e con indosso ancora gli abiti con cui hanno viaggiato: pantaloni leggeri, niente guanti e cappelli…”. <br /><br /> Le donazioni degli abitanti del quartiere hanno trasformato i locali di una sauna abbandonata in magazzino di abiti usati. Tra coloro che da qui provano a ricominciare c‘è Amar: ad Aleppo lavorava in un negozio che vendeva televisioni, ma la guerra in Siria lo ha messo in fuga e costretto a lasciarsi alle spalle tutto. <br /><br /> “Lì ad Aleppo ci sono veri problemi – racconta -. Abbiamo deciso di fuggire dalla guerra. Conoscete bene anche qui qual è la situazione in Siria… Noi cerchiamo soltanto la pace e un posto sicuro dove stare”. <br /><br /> Se urgenza fa per lui rima con sopravvivenza, Amar guarda già avanti. E il futuro lo declina nel sogno di una vita normale. <br /><br /> “Mi piacerebbe molto poter ottenere un permesso di soggiorno – prosegue Aymar -. Averlo sarebbe per me sinonimo di rassicurazioni. Non solo mi permetterebbe di stabilirmi qui, ma mi schiuderebbe le porte per gli stessi diritti di cui gode ogni cittadino tedesco”. <br /><br /> Il cammino per ottenere permesso di soggiorno o diritto d’asilo varia in funzione dei paesi di provenienza. Da dovunque si arrivi,

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