Da oggi il Pianeta Terra è in rosso. Il 2 agosto l’umanità ha già esaurito tutte le risorse che aveva a disposizione per sopravvivere fino alla fine dell’anno. Esaurito quanto avevamo in dispensa, cominciamo insomma ad attingere alle scorte del prossimo anno. <br /><br />Per continuare a vivere e a consumare così ci vorrebbe (in media) una Terra e mezza<br />In gergo si chiama “Overshoot Day” e in base ai conti della Ong Global Footprint Network che lo calcola, arriva sempre più presto. Nel 1997 era a fine settembre. Da allora abbiamo pescato sempre di più, ma in un mare finito. E i pesci, salvo nei supermercati, non abbiamo ancora imparato a moltiplicarli. <br /><br />How many Earths would we need if everyone in the world lived the average lifestyle in your country? https://t.co/p2guqBNBJo #movethedate pic.twitter.com/jMWmc4AbY2— Footprint Network (@EndOvershoot) 27 luglio 2017<br /><br />Di quanti pianeta Terra avremmo bisogno, se continuassimo a vivere secondo ritmi e stile attuali? Paese per paese, i conti della Ong Global Footprint Network<br /><br />How many countries are required to meet the demands of its citizens? https://t.co/p2guqBNBJo #movethedate pic.twitter.com/Xhs3fNdMR7— Footprint Network (@EndOvershoot) 28 luglio 2017<br /><br />Variazione sul tema dei precedenti conteggi: di quanti paesi avremmo bisogno se continuassimo a vivere ai ritmi di oggi?<br /><br />“La crescita come la chiocciola troppo pesante sul dorso di una lumaca: invece di proteggerci, ormai ci schiaccia”<br />Per continuare a vivere, e a consumare le risorse del pianeta ai ritmi di oggi, avremmo in media bisogno di oltre una Terra e mezza. Un problema fisico (e matematico) che si scontra con l’ortodossia economica di una crescita che si vuole invece esponenziale e infinita. L’obiettivo è il benessere, ma per finanziarlo stiamo contraendo un debito che ogni anno pesa di più. Prezzo per riempire i nostri scaffali è insomma un vivere a credito, e sulle spalle delle prossime generazioni. “La crescita è per noi ormai come la chiocciola sul dorso di una lumaca – scriveva l’economista George Latouche -. Siamo arrivati a un punto in cui, invece di ripararci, con il suo peso rischia di schiacciarci e di impedirci di andare avanti”.<br />
