https://www.pupia.tv - Brescia - La Guardia di Finanza di Brescia - con il coordinamento della locale Procura della Repubblica e con il supporto del Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata (SCICO) di Roma - ha individuato, presso uno studio commercialista bresciano, una vera e propria “fabbrica” di evasione fiscale. <br /> <br />L’indagine vede coinvolti, a vario titolo, un centinaio di persone (di varie province italiane, ovvero Brescia, Bergamo, Milano, Roma, Parma, Mantova, Perugia, Lodi, Modena, Reggio Emilia, Torino, Bari, Vicenza, Pavia, Napoli Verona) e ha per oggetto circa mezzo miliardo di euro di “false” operazioni (tra fatture per operazioni inesistenti e crediti fiscali fittizi) che hanno consentito al sodalizio di guadagnare circa 80 milioni di euro. <br /> <br />Le Fiamme Gialle stanno procedendo in queste ore a dare esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Brescia: arresti nei confronti di 22 responsabili (17 in carcere e 5 ai domiciliari, dimoranti prevalentemente nelle province di Brescia, Bergamo, Milano e Roma) di svariati reati, tra cui, in particolare l’associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio di denaro. Notificate anche 2 misure interdittive dalla qualità di imprenditore amministratore di società commerciale. <br /> <br />Presso il citato “laboratorio” bresciano di evasione fiscale, i “colletti bianchi” - supportati da altri sodali, anch’essi prevalentemente dimoranti a Brescia e con precedenti penali specifici nei reati tributari - erano dediti a produrre “pacchetti evasivi”. <br /> <br />Il sodalizio, schematicamente, aveva quattro finalità. <br /> <br />La prima finalità consisteva nel “produrre” servizi tributari illeciti, attraverso centinaia di società “di comodo” (sia nazionali che estere) e prestanomi. Lo scopo prioritario era la produzione di crediti fittizi (da utilizzare indebitamente in compensazione), nonché di fatture per operazioni inesistenti. <br /> <br />La seconda finalità era quella di vendere tali “servizi” attraverso una rete di distribuzione. I “colletti bianchi” individuavano i soggetti a cui “piazzare” i loro “prodotti” attingendo tra gli imprenditori loro clienti desiderosi di abbattere le imposte. <br /> <br />La terza finalità consisteva nello sviare eventuali attività di controllo, attraverso il “traffico di influenze illecite” e le intimidazioni ad eventuali soggetti che volessero collaborare con la Guardia di Finanza. <br /> <br />Nello specifico, infatti, gli indagati, percepita l’attenzione degli investigatori a fronte di acquisizioni documentali effettuate dai Finanzieri presso le società cartiere da loro gestite, si rivolgevano a “faccendieri” - conosciuti tramite “reti di relazioni” - al fine di ottenere informazioni privilegiate sui controlli in corso. <br /> <br />Tra i “faccendieri” remunerati per la loro millantata attività di “intermediazione” - rivelatasi del tutto inefficace - emergono un (falso) appartenente alle Forze dell’ordine, nonché un (falso) appartenente ai servizi segreti nazionali. <br /> <br />Non sono mancati i tentativi di intimidazione nei confronti di chi potesse fornire informazioni utili alle indagini. Tentativi, tuttavia, risultati vani anche grazie all’intervento preventivo degli investigatori che hanno attivato appositi dispositivi di tutela. <br /> <br />Ultimo scopo del sodalizio era quello di ripulire il denaro frutto dell’evasione fiscale, immettendolo nel mercato e trasformandolo in “potere d’acquisto” apparentemente lecito da reinvestire in nuove attività. <br /> <br />Lo spessore professionale dei soggetti coinvolti consentiva di ideare svariati e “raffinati” meccanismi di “lavaggio”, ovvero:(08.05.20)