https://www.pupia.tv - Nei giorni scorsi, i Finanzieri del Comando Provinciale di Padova, a conclusione di un’articolata indagine delegata dalla Procura della Repubblica di Rovigo e condotta in sinergia con la Direzione Regionale dell’Inps, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, del valore di 3 milioni di euro circa, emesso nei confronti di una società di capitali, operante nel settore manifatturiero, e del relativo dominus, soggetto di nazionalità cinese rivelatosi essere l’artefice di un articolato meccanismo di interposizione illecita di manodopera di connazionali. <br /><br />Le investigazioni, scaturite da un’analisi di contesto sviluppata dal Comando Regionale Veneto, prendono le mosse da un accesso ispettivo dell’estate del 2019 - eseguito congiuntamente dalle Fiamme Gialle di Este e da personale dell’Inps, dei Vigili del Fuoco e dello Spisal - in alcuni laboratori tessili di produzione di capi d’abbigliamento per noti marchi della moda italiana, siti in Casale di Scodosia (Padova). <br /><br />I preliminari accertamenti avevano permesso agli investigatori di individuare 154 lavoratori, impiegati “in nero” nel confezionamento di prodotti tessili ovvero irregolarmente assunti part-time da 5 ditte individuali gestite da cinesi (rivelatesi, di fatto, inesistenti e utilizzate esclusivamente per l’instaurazione dei rapporti di impiego), tutti prestanome alle dirette dipendenze di un loro connazionale - dominus del sistema fraudolento - il quale riceveva commesse per il tramite di 12 appaltatori veneti, operatori della filiera del Made in Italy. <br /><br />È stato acclarato che nei capannoni industriali - acquistati ad un’asta giudiziaria e fittiziamente intestati ad un dipendente - i lavoratori, tutti di nazionalità cinese, inquadrati attraverso contratti part-time nel comparto dell’artigianato (assunti a sole 18 ore settimanali), sono stati costretti a turni estenuanti, anche serali, e impiegati, tra l’altro, durante i periodi registrati come ferie o in posizione di aspettativa non retribuita. Più nel dettaglio, è emerso che i rapporti di lavoro venivano schermati dalle ditte “fantasma” - veri e propri serbatoi di manodopera tra loro succedutesi nel tempo attraverso un meccanismo “apri e chiudi” - le quali, prima di cessare la propria attività, trasferivano i lavoratori dall’una all’altra impresa, omettendo sistematicamente il versamento dell’Iva e dei contributi di natura previdenziale e assistenziale. <br /><br />Le 5 ditte coinvolte, quindi, operavano falsamente in nome e per conto della società “madre”, l’unica in grado di produrre un valido Documento Unico di Regolarità Contributiva (Durc) attraverso l’impiego di soli 2 lavoratori, pur avvalendosi in realtà della manodopera “formalmente assunta” dagli operatori economici inesistenti. (22.09.21)