MODA: QUALCOSA DI NUOVO C’È. Magari non è proprio una «svolta visionaria», come qualcuno l’ha definita, ma c’è. Sbaglia chi accusa i neo-designer chiamati a ridisegnare l’identità di un brand di non rispettarne l’heritage (parola che non si può più sentire); soprattutto se chi ha fondato la griffe in questione si è ritirato dalle scene o è scomparso il secolo scorso. <br />Il cambiamento non è tradimento, è vita. Il DNA si rinnova, subisce mutazioni, evolve con le trasformazioni della società. Tant’è, che la preoccupazione di disattendere le aspettative commerciali è tale che molti designer scelgono il famoso colpo al cerchio e alla botte. Recuperano un po’ di passato per appiccicarlo (spesso forzatamente) al nuovo. Ecco, questa non è «una svolta visionaria», è un compromesso. Poco coraggioso (o prudente?) che deborda nel caos. In altre parole, i designer ci stanno davvero provando. Il futuro della moda dovrebbe essere nelle loro mani invece che in quelle dei Ceo, che a lungo andare hanno perso di vista il significato della moda. <br />Come ha scritto Stefano Gabbana in un post su Instagram «una volta eravamo liberi di esprimerci con volumi, proporzioni e idee. Non sapevamo nemmeno bene che cosa stessimo facendo, ma quella libertà ci permetteva di sperimentare senza limiti»
