Nel video, si vede una giovane donna incinta che parla al telefono con quella che dovrebbe essere sua madre. Le due discutono della gravidanza. Poi, alcune scene dopo, la stessa giovane donna, con in braccio il bambino ormai nato, chiede alla nonna di raccontare al piccolo le storie che un tempo raccontava a lei. Al termine della clip, ci viene spiegato che, quando era ancora in vita, la nonna del bambino aveva registrato diversi video per addestrare il suo avatar 2wai. È un video emotivamente forte, suggestivo e inquietante allo stesso tempo, che ricorda moltissimo la serie distopica sci-fi Black Mirror, e che ha diviso l'opinione pubblica. È ormai così: siamo in grado di parlare con i nostri morti. O, meglio, sui loro surrogati basati sull’intelligenza artificiale. <br /> <br />[idarticle id="2466985" title="Verso la ''resurrezione digitale'', così l'intelligenza artificiale riporterà in vita i nostri cari"] <br />Un'app per parlare con i nostri morti, come in "Black Mirror". Come funziona 2Wai, dell'attore Calum Worthy <br />Il parallelismo con l'episodio Be Right Back di Black Mirror, uscito nel 2013, è facile. E, va detto, nell’episodio finisce tutt’altro che bene, causando ancora più sofferenza in una situazione già di per sé tragica. L’app è già disponibile al download sull’App Store, ed è in arrivo una versione per Android. È stata creata dalla startup americana 2Wai. E il video promozionale è stato diffuso su X dall'attore (ex Disney Channel) Calum Worthy, co-fondatore e responsabile dello sviluppo del business: «E se i nostri cari che abbiamo perso facessero part del nostro futuro?». «Noi di 2wai stiamo costruendo un archivio vivente dell'umanità, una storia alla volta». <br /> <br />[idgallery id="2672213" title="Intelligenza artificiale e benessere mentale: i consigli dell'esperta"] <br /> <br />[idarticle id="1396225" title="In Giappone c'è una cabina telefonica per parlare con i defunti"] <br />L'intelligenza artificiale e la morte: verso «un archivio vivente dell'umanità, una storia alla volta» <br />In realtà l'app permette genericamente di creare avatar AI di ogni persona, famosa e non. Di sé stessi, di un life coach, di William Shakespeare o, appunto, della propria madre. Per l'attuale evoluzione dell'AI, non c'è niente di sconvolgente, dal punta di vista pratico. È solo questione di dare in pasto all’algoritmo abbastanza dati, di istruirlo a dovere, insomma, perché l'avatar sia credibile. E, va da sé, più ci si interagisce più il modello migliorerà. Il tema, insomma, non è se possiamo farlo o no: possiamo. Il tema è: davvero dovremmo? <br /> <br />[idarticle id="2638790" title="Tanatologia e death café. Al via il festival Il Rumore del Lutto, dove «parlare di morte fa bene alla vita»"] <br /> <br />Basta dare un occhio ai commenti del post per rendersi conto di quanto subbuglio emotivo crei anche solo la visione del video. Insomma, non ci vogliono psicologi per dirlo, basta un comune utente di X: «l'app, che è scaricabile gratuitamente ma offre avatar premium da acquistare, trae profitto dal dolore. Potrebbe essere un modo malsano per le persone di affrontare la perdita». <br /> <br />
